«Oggi ci siamo noi, ma domani ci sarete voi.» Le parole di Mario Gordini escono lucide mentre fissa negli occhi il plotone d’esecuzione che da lì a poco colpirà a morte lui e il compagno Settimio Garavini.

Gordini è un contadino di Ravenna membro clandestino del PCI e ha già trascorso 5 anni di carcere come oppositore al fascismo. È tra i primi organizzatori della resistenza nel ravennate, coordina la squadre armate operaie e il distaccamento GAP ‘Dino Sintoni’, con il quale, in pieno centro a Ravenna, attenta alla vita del console della milizia Michele Troiano. Era presente alla nota riunione tenuta all’Hotel ‘Mare e Pineta’ di Milano Marittima che gettò le basi per l’organizzazione delle formazioni partigiane romagnole.

Garavini è invece un muratore di Castiglione di Ravenna, ma è anche un dirigente del PCI, con il quale ha da poco organizzato una riunione del comitato clandestino presso la sua abitazione, in zona Ville Unite. Le cose però si mettono male, una spiata fa giungere 70 carabinieri che assaltano la casa e lo arrestano con altri compagni. Poco prima era presente anche Gordini, scampato per puro caso, ma anch’egli catturato.

Condotti alle carceri di Forlì, la condanna a morte è immediata. A Gordini sarà intitolata la 28° Brigata Garibaldi che entrerà a Ravenna sotto la guida di Falco e Bulow. A Garavini sarà dedicato un distaccamento operante nella zona di Cervia. Prima della morte, Gordinì riuscirà a gridare «Viva la libertà!» cadendo a terra ferito. Una volta raggiunto dal comandante incaricato per il colpo di grazia, il partigiano raccoglierà le ultime forze per lanciargli una pietra intrisa del suo sangue.






















