Prima e dopo la Liberazione gli Alleati ricoprirono un ruolo fondamentale, ma i contrasti con la popolazione furono spesso violenti.
Non furono pochi i casi di rissa, rapina, aggressione, stupro. Inoltre, le richieste dei partigiani di continuare a combattere risalendo l’Italia furono quasi sempre respinte, soprattutto in terre come la Romagna, dove la Resistenza era stata a maggioranza comunista. Gli Alleati dissero che non avevano più bisogno di loro. In realtà, non si fidavano, e non volevano lasciare le armi in mano a gruppi politicamente organizzati. Così, a Forlì fu fatta una cerimonia per la smobilitazione delle formazioni locali: 8ª Brigata Garibaldi, Battaglione Corbari, 29ª Brigata G.A.P., Brigata S.A.P., dove i partigiani dovettero consegnare le armi. Molti riuscirono però a nascondere fucili e munizioni e quando si giunse al referendum del 1946, per scegliere tra monarchia e repubblica, i partigiani si tennero pronti: nel caso avesse vinto la monarchia, avrebbero dissepolto le armi e fatto la rivoluzione. Ciò non avvenne e le armi restarono murate nelle cantine, nelle pareti delle fattorie, sepolte nei campi, sotto al greto dei fiumi, dove, in alcuni casi, a distanza di 80 anni, si trovano ancora.
[foto: ritrovamento nel 2020 di 462 ordigni bellici sepolti due metri sottoterra nella campagna forlivese. Tutt’ora sono il più grande ritrovamento di tutta della zona]